Quando il ladro deruba la madre del campione di basket, se lo ritrova in tempo zero sulla schiena: è accaduto pochi giorni fa in centro a Milano

Elisabetta Andreis per corriere.it – Estratti

Il ladro rincorso e placcato da una famiglia di giganti. La scena ha lasciato senza parole chi passeggiava sabato pomeriggio nelle strade intorno a corso Genova, a Milano. Erano le 17.30. In zona Porta Genova una signora ferma l’auto, esce dal veicolo e velocissima mette nell’ascensore del suo palazzo i sacchi della spesa.

Torna in macchina e resta di sasso: nei pochi secondi le è sparita dal sedile la borsetta con portafoglio e documenti. Rassegnata va a parcheggiare e tornando indietro passa da una via laterale dove — per puro caso — vede due persone che prima aveva notato davanti al centro scommesse di via Ariberto. Sono sedute su una panchina e si stanno spartendo il bottino contenuto nella sua borsetta.

Con senso pratico la signora, senza farsi sentire, telefona al marito e al figlio, chiede loro di arrivare in suo soccorso. Insieme, i tre sfiorano i sei metri d’altezza. Ai ladri è capitata una famiglia di giganti. Mentre aspetta rinforzi, la vittima da dietro la panchina affronta i ladri chiedendo indietro la refurtiva. Riesce a riprendersi parte dei documenti ma non la borsetta con il portafoglio: i due iniziano a correre via in direzioni opposte. Ma nel frattempo arriva il figlio della signora, giocatore di basket, 2,08 metri d’altezza: è sceso così com’era in casa, a torso nudo e ciabatte. Visione imponente. A ruota segue il marito della signora, oltre due metri anche lui, poco più della stessa donna.

Rincorrono il ladro, in particolare il figlio che per andare più veloce si toglie le ciabatte, insegue il malcapitato malfattore fino in corso Genova. Il tempo si ferma, un sacco di gente guarda sbigottita la scena finché il ragazzo con tutti i suoi 2,08 metri di altezza e l’invidiabile stazza raggiunge il ladro, riceve anche un pugno ma riesce ad atterrarlo e a recuperare la refurtiva tra gli applausi della gente.

Arrivano trafelati i due genitori (con la mamma premurosa che riporta le ciabatte al figlio) e a quel punto il ladro li prega di non denunciarlo; racconta concitato che è stato in carcere e sta per iniziare una messa alla prova importante per la sua vita. A giochi fatti arrivano anche i carabinieri. I tre «giganti» si consultano e alla fine vogliono dargli fiducia.

«Decidere di non denunciarlo non è stato facile ma speriamo gli sia bastato, per non rifarlo più, il terribile spavento di vedere nostro figlio Giovanni piombare su di lui — riflette Laura Sidoti —. Provo a mettermi nei panni di quell’uomo. Se sei appena uscito dal carcere, o comunque ci sei stato parecchio tempo, non hai un lavoro e vivi di espedienti, da dove puoi ricominciare? Se la sua storia è vera e ha altri precedenti, la prigione non è servita ad evitare recidive. Forse la messa alla prova che sta per cominciare potrà essere più efficace», spiega, con l’appoggio del marito Francesco.

Il figlio Giovanni, 21 anni, è scosso: «Il senso dell’ingiustizia mi ha spinto a correre più forte che potevo, all’inizio ho provato rabbia, ma mi sono limitato a immobilizzarlo. Spero che quella persona abbia capito — dice —. Non vorremmo con la nostra denuncia bloccare il suo possibile percorso di recupero».

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