Mattarella prima di menarla sulle ‘fake news’ ha letto cosa scrive il New York Times sul bavaglio di Zelensky ai giornalisti che provano a raccontare cosa accade in Ucraina? Se non lo ha fatto glielo raccontiamo noi

IL BAVAGLIO – Ucraina, New York Times: “Spiati, zittiti e inviati al fronte”. Così Zelensky controlla i cronisti

SERVIZI – “Vietato l’ingresso ai reporter di guerra”

di Alberto Alessi per Il fatto Quotidiano

Un giornalista di 57 anni richiamato alla leva per aver intervistato un politico d’opposizione; redazioni costrette a non citare personalità sgradite al governo; reporter spiati nelle loro camere d’albergo dai servizi segreti. Sono solo alcuni degli episodi che raccontano in quale stato versa la libertà di stampa nell’Ucraina in guerra, così come svela un’inchiesta pubblicata ieri dal New York Times. L’articolo racconta così come ripreso più volte dal Fatto il nuovo obiettivo del governo Zelensky: mettere a tacere le voci di dissenso raccolte dai cronisti di Kiev e controllare l’informazione.

Allo scoppio del conflitto nel febbraio 2022, molti reporter affermano di essere stati disposti a non descrivere ogni dettaglio della prima linea per evitare che i loro articoli fossero poco più di una lista di obiettivi per i mortai russi. Un sacrificio del dovere di cronaca figlio del senso di responsabilità nazionale. “L’auto-censura in Ucraina è stata una necessità dettata dallo scoppio del conflitto”, spiega Serhii Sydorenko, giornalista della testata online indipendente European Truth, “anzi, non rappresentava un problema”. Dopo l’invasione russa, Zelensky aveva raggruppato le emittenti sotto una rete unica nota come Telemarathon, che avrebbe dovuto occuparsi di diffondere solo informazione affidabile e verificata; ma dopo oltre due anni di un conflitto, che oggi stagna tra trincee e casi di corruzione che tormentano il governo del presidente Zelensky (il cui mandato è scaduto il 20 maggio scorso), per molti ucraini l’informazione di Telemarathon è poco più che un megafono di propaganda governativa; un’opinione confermata anche da un report del Dipartimento di Stato americano, secondo cui l’emittente “ha permesso un controllo senza precedenti dell’informazione televisiva”.

Nelle redazioni, invece, ai giornalisti è stato imposto un nuovo diktat. I cronisti dell’agenzia di stampa nazionale, Ukrinform, raccontano di aver ricevuto una lista di persone (soprattutto politici di opposizione) la cui citazione in un articolo il governo ritiene “sgradita”. Una lista che poteva essere sottoscritta solo grazie a un cambio al vertice: il 24 maggio 2024 a capo dell’agenzia viene posizionato Serhiy Cherevaty, un ex portavoce dell’esercito. A Odessa, ai reporter viene chiesto di riportare esclusivamente le notizie del candidato scelto da Zelensky, mentre a L’viv gli viene imposto di non citare il sindaco eletto Andriy Sadovyi, uno dei candidati di punta dell’opposizione. Il giorno dopo, uno dei giornalisti impegnati sul posto riceve la lettera di richiamo alla leva.

E quando non c’è controllo, c’è la sorveglianza: lo scorso gennaio, la Sbu, l’agenzia di intelligence di Kiev, aveva spiato nella loro camera d’albergo i reporter del sito di news Bihus trapanando spioncini dalla stanza contigua. Quando invece la stampa è internazionale, gli strumenti usati dal governo per impedire l’inferenza dell’informazione sono la revoca dei visti militari per l’accesso alle zone di guerra, come già accaduto al New York Times e ad Alfredo Bosco e ad Andrea Sceresini del Fatto. “L’unico modo in cui le persone possono cambiare in meglio le cose è attraverso il giornalismo”, spiega Sevhil Musaieva, caporedattrice del sito d’informazione Ukrainska Pravda, “è per questo motivo che il governo fa del suo meglio per controllarlo”.

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