Abbiamo una sola speranza: il colpo di stato della Megera potrebbe essere sventato dal voto dell’euro parlamento. Sono almeno 50 possibili franchi tiratori

LA POLTRONA ITALIANA STRAPPATA DA PARIGI E A STRASBURGO SARÀ GUERRA SUI NUMERI

Estratto dell’articolo di Alberto D’Argenio per “la Repubblica”

L’inevitabile sconfitta per mano della Francia sulla vicepresidenza economica esecutiva della Commissione europea. Da questo squarcio sui negoziati in corso per la composizione del prossimo Eurogoverno di Ursula von der Leyen nasce la solitaria battaglia di Giorgia Meloni a Bruxelles.

Uno scontro caricato di significati “identitari” dalla leader di Fratelli d’Italia – ma privo di reali contenuti pratici – che punta a un “riconoscimento politico” alla destra europea.

O più volgarmente: un qualcosa da rivendersi con gli elettori. Pretesa che ha portato la presidente del Consiglio all’isolamento tra i leader del Continente.

Lasciando per la prima volta l’Italia fuori dalla cabina di regia Ue, inedito dai risvolti politici ed economici pericolosi per il Paese. E la sfida è solo all’inizio, con il redde rationem annunciato per il 18 luglio, quando von der Leyen cercherà la fiducia al Parlamento europeo. Dunque a Strasburgo si capirà se l’Italia finirà davvero per essere la grande emarginata d’Europa con l’ungherese Viktor Orbán.

Meloni nei colloqui riservati con Bruxelles – in corso da settimane, a dispetto dell’accusa di essere stata esclusa dai giochi – ha chiesto una vicepresidenza esecutiva della Commissione. Significa un vice di von der Leyen che oltre ad avere sotto di sé altri commissari ha anche un portafoglio di peso di sua diretta gestione.

Il problema è che i vice esecutivi sono solo tre: uno espressione del Partito popolare, uno dei Socialisti e uno dei liberali macronisti di Renew. I partiti della “maggioranza Ursula”. Che non vogliono aggiungere un quarto esecutivo per l’Italia, perché visti i significati esistenziali imposti a questa scelta da Meloni – che ha negoziato più da leader Ecr che da premier italiana – darebbero l’impressione di avere sdoganato l’estrema destra nonostante non abbia i numeri per contare in Europa.

L’Italia dunque chiede la vicepresidenza esecutiva economica, poltrona che però con ogni probabilità andrà alla Francia. Proprio ieri Macron per quel ruolo ha candidato l’uscente Thierry Breton. Una scelta di peso in quanto l’ex manager francese a Bruxelles ha brillato gestendo negli ultimi 5 anni il Mercato interno e l’enorme dossier digitale. A lui dovrebbe dunque andare il controllo del “cluster” Concorrenza, Mercato Interno e Industria.

All’Italia è stata invece offerta una vicepresidenza semplice in quanto Paese fondatore. Si tratterebbe della casella che controlla i fondi europei e l’applicazione del Next Generation Eu (i Pnrr dei Ventisette). Poltrona alla quale andrebbe Raffaele Fitto. Di più […] i socialisti Sánchez e Scholz, il popolare Tusk e il liberale Macron –[…] non intendono riconoscere a Meloni, che in questi mesi non ha mancato occasione di attaccarli […]

Ma la partita è solo all’inizio perché se al Consiglio europeo i leader decidono a maggioranza […] al Parlamento di Strasburgo il potere negoziale della premier sale. Il 18 luglio l’aula dovrà votare la fiducia a von der Leyen, che per il bis in Commissione ha bisogno di 361 voti. Attualmente la sua maggioranza – Ppe, Pse e Renew – ne conta 399.

Un margine di 38 voti. Tuttavia ai leader europei non sfugge che mediamente con lo scrutinio segreto si può palesare un 10% di franchi tiratori. A titolo esemplificativo: Ursula rischierebbe 39 defezioni. Dunque la fiducia si gioca davvero sul filo.

Ecco perché i 24 deputati di Fdi – al contrario della loro leader al Consiglio europeo – possono pesare. […] Ma la tedesca ha anche altre carte: ad esempio cercherà voti tra i Verdi, offrendo loro garanzie sul Green Deal. […]

2. L’INCUBO DI URSULA: 50 SPORCHI FRANCHI TIRATORI

Estratto da “il Mattinale europeo”, la newsletter di David Carretta e Christian Spillmann

Cinquanta voti. Ursula von der Leyen ha bisogno di una cinquantina di voti per assicurarsi l’elezione al Parlamento europeo il 18 luglio. I calcoli del Partito Popolare Europeo, la sua famiglia politica, ci sono stati confermati da diverse fonti parlamentari. […]

Non è stato stappato lo champagne al vertice di ieri per Ursula. I leader dell’UE questa notte hanno deciso di proporre la sua riconferma per un secondo mandato, ma i conti non tornano ancora.

Per poter entrare in carica ha bisogno del sostegno di 361 dei 720 eurodeputati nella votazione prevista per il 18 luglio. E questa maggioranza non è garantita. I tre gruppi della sua coalizione, il Partito Popolare, i Socialisti e i Liberali, hanno 399 eletti. Ma, secondo le stime di Bruxelles, circa cinquanta potrebbero mancare all’appello a causa dei franchi tiratori.

“La maggioranza è molto risicata”, ammette un alto diplomatico. Ursula von der Leyen non è amata, contrariamente a quanto vorrebbero far credere i suoi servizi. “Tutto dipenderà dalla disciplina di voto”, sottolinea il diplomatico. E la disciplina è incerta. Calcoli e risentimenti: tutto gioca contro contro Ursula von der Leyen. Se fallisse, i leader dovranno nominare un nuovo candidato presidente. Alcuni dentro il PPE non hanno rinunciato al sogno di guidare la Commissione.

[…] Ursula ha […] solo diciotto giorni per convincere i riluttanti e raccogliere consensi al Parlamento europeo. Se non riuscirà a trovare una cinquantina di deputati in più per mettersi al sicuro, il voto sull’investitura al Parlamento potrebbe essere rimandato a settembre. Questa ipotesi è già in discussione. Il portoghese José Manuel Barroso si era trovato nella stessa situazione quando venne confermato per un secondo mandato dai capi di stato e di governo nel 2009, ricordano le nostre fonti parlamentari.

[…] Ursula von der Leyen si dovrà rivolgere al gruppo dei Verdi. I suoi 54 membri eletti possono fare la differenza. Ma, pur essendo pronti a sostenere la riconferma di Ursula von der Leyen, hanno alcune richieste. Vogliono salvare il Green Deal. Si tratta di una linea rossa per il PPE, che vuole fare marcia indietro su alcune disposizioni […]. Ursula von der Leyen si è avvicinata anche al gruppo ECR, dominato da membri di Fratelli d’Italia, il partito di Giorgia Meloni. Ma si sta avventurando in “un campo minato”.

Un accordo con l’ECR è fuori discussione, hanno avvertito i socialisti e i liberali. Von der Leyen ha incontrato la presidente del gruppo socialista, la spagnola Iratxe Garcia Perez, che l’ha informata dei limiti da non superare. “Il nostro voto non è un assegno in bianco. La nostra linea rossa è chiara: non ci sarà alcun accordo con l’estrema destra, né con l’ECR né con l’ID”, i due gruppi di estrema destra presenti in Parlamento. Una posizione simile è stata espressa dal gruppo Renew, guidato dalla deputata francese Valérie Hayer.

La situazione è “molto polarizzata” dentro Parlamento europeo, ha spiegato un altro diplomatico europeo. “Al minimo passo falso Ursula von der Leyen perderà voti”, ci ha spiegato. Ursula von der Leyen non può prendere alcun impegno in pubblico. Può solo fare promesse verbali. […]

Anche il sostegno dei parlamentari di Fratelli d’Italia non è scontato. Nel 2019 avevano votato contro la sua candidatura. Giorgia Meloni lo ha ribadito durante la campagna elettorale e negli incontri con gli altri leader dell’estrema destra europea. Tutti hanno espresso la loro ostilità nei confronti della Presidente della Commissione, descritta come l’incarnazione di “Bruxelles” e della sua burocrazia di eurocrati non eletti che impongono le loro regole agli europei. Marine Le Pen, leader del Rassemblement National, il più grande partito politico francese, ha ripetuto queste accuse durante la campagna elettorale in vista delle legislative domenica.

Ursula von der Leyen non ha molto spazio di manovra se la disciplina di gruppo non funziona. Giorgia Meloni chiede un posto di vicepresidente per il commissario italiano e un ampio portafoglio. Parigi riconfermerà il commissario Thierry Breton e lo vuole a capo delle direzioni generali della Politica industriale e della Difesa della Commissione.

Anche Madrid vuole un posto importante per il suo commissario, Teresa Ribera, incarnazione della difesa del Green deal. Ursula von der Leyen non può impegnarsi apertamente, ma cercherà di assicurarsi l’appoggio dei socialisti spagnoli, dei liberali francesi e forse di ottenere il sostegno dei membri eletti del Gruppo Verde, ridando lustro al Green deal.

Il problema è che ormai tutti sanno come opera von der Leyen e tutti vogliono assicurarsi che il proprio commissario ottenga una posizione di alto profilo. Ursula von der Leyen, invece, ha fatto tutto il contrario durante il suo primo mandato: presidenza personalizzata, mancanza di collegialità, conflitti con i commissari, creazione di tensioni tra loro per dividere e conquistare. Tutti questi comportamenti sono stati pubblicamente denunciati dai commissari Thierry Breton, Josep Borrell, Paolo Gentiloni e Nicolas Schmit. Von der Leyen “non cambierà”, dice un alto diplomatico. La sua conferma non è assicurata. Una bocciatura sarebbe una prima.

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