“Non è il suo mestiere” Figuraccia Nazionale, Fabio Capello rilancia le critiche contro Spalletti con parole durissime nei suoi confronti

Estratto dell’articolo di Marco Guidi per “la Gazzetta dello Sport”

«Mi sono vergognato, un po’ come quando da calciatore tornai dal Mondiale del 1974». Fabio Capello non usa mezzi termini quando descrive l’avventura dell’Italia a Euro 2024, culminata col netto ko agli ottavi con la Svizzera. […]

È così differente guidare una nazionale rispetto a un club?

«Sono due mestieri diversi. Non a caso non si dovrebbe parlare di allenatore, ma di selezionatore. Il ct deve innanzitutto scegliere i giocatori sulla base di quello che vede nei campionati. Può avere una sua idea di calcio, ma deve anche ragionare su come i diversi elementi sono impiegati nella propria squadra e, a volte, adattarsi. Il motivo è semplice: non hai tempo per lavorare nella quotidianità. […]».

Difatti Spalletti pareva volersi affidare alla difesa a tre come l’Inter campione d’Italia. Poi la retromarcia in Germania: è andato in confusione?

«Per quello che si è visto in campo, credo che la confusione l’abbia generata soprattutto nei calciatori. Nel ruolo di play hanno giocato Jorginho e poi Fagioli, ma nessuno dei due è il Lobotka del Napoli di Luciano. Hanno caratteristiche diverse: contro la Svizzera Xhaka faceva quel che voleva, Fagioli non andava nemmeno a prenderlo. Io, però, per Spalletti userei un’altra parola».

Quale?

«Presunzione. Ho avuto la sensazione che già contro la Spagna il ct non abbia pensato da selezionatore, ma da allenatore di club. […] ha mandato in campo una squadra dicendosi “noi siamo noi, loro sono loro, vediamo chi è meglio”, scegliendo la difesa a quattro contro i più forti esterni d’attacco di tutto l’Europeo. E l’abbiamo visto chi era meglio…».

La Svizzera non è però la Spagna.

«Ma ha grande organizzazione e qualità nell’asse centrale: Sommer in porta, Akanji in difesa, lo straordinario Xhaka in mediana e il generoso Embolo in attacco. E soprattutto la Svizzera rispetto a noi mi è sembrata squadra, nel vero senso della parola: tutti disposti al sacrificio, si difende in 10 e si attacca almeno in 6».

Spalletti nel dopogara ha lamentato la mancanza di freschezza e condizione degli azzurri.

«È un discorso che non accetto. Quello che non ho visto nell’Italia […] è il gruppo. Il primo compito di un ct è proprio quello di creare lo spirito […]  Sono pochissimi gli azzurri che hanno fatto quella rincorsa in più, quello scatto deciso. […] mi ha veramente intristito».

Quanto è colpa del selezionatore e quanto dei giocatori?

«[…] È chiaro che Spalletti abbia grosse responsabilità. Poi, però, i calciatori devono avvertire il peso della maglia. Io un’Italia così non l’avevo mai vista. E […] si è spettacolarizzato tutto troppo. Parole, allenamenti, iniziative…».

Si riferisce al decalogo di Spalletti e alla riunione dei «Fantastici cinque» numeri 10 prima dell’Europeo?

«Si è visto un po’ di tutto. Ecco, io sono più per la cultura del lavoro a fari spenti e del low profile».

C’è chi sostiene il materiale a disposizione sia quello che è…

«Quando vedi che non c’è nemmeno un calciatore del Milan convocato o che contro la Croazia, nell’undici titolare, non trova spazio nemmeno uno juventino, un campanello d’allarme suona per forza. […] abbiamo un problema».

Spalletti a caldo ha detto: «Non mi dimetto». Ma avrà la forza per ripartire?

«Non posso giudicare la sua scelta, però sul futuro non sono ottimista. Ho il sospetto che Luciano sia un ottimo allenatore, ma al contempo debba molto migliorare come selezionatore.

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